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Due casi, non a caso. Quello di Alice e Mario.

Un articolo a cura delle dottoressa Giulia D’india e Valentina Calàche che apre una nuova finestra per i nostri lettori.  Nasce infatti in collaborazione con il  Centro Tandem – Promozione del Benessere Psicologico e Psicomotorio – e vuol essere l’anticipazione di una rubrica periodica. Uno spazio per scoprirsi e scoprire.


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Alice ha compiuto 24 anni a Giugno. Il suo peso, secondo l’indice di massa corporea, è nella media esatta per le ragazze della sua età e della sua altezza.

Di fronte alla psicologa che le chiede il motivo della sua richiesta di consulenza Alice si racconta così: da un po’ di tempo sente il proprio corpo come un nemico, un ostacolo che non le permette di raggiungere gli obiettivi della sua vita. Nonostante recentemente abbia perso molti più chili di quelli che si era ripromessa di perdere, pensa che i vestiti non le cadano bene e continua a sentirsi inadeguata. Ma detesta compiangersi, dice che la fa sentire stupida e inetta. Ed è in questi momenti che cerca allora di accrescere la propria determinazione, come un soldato. Intensifica la dieta e le ore di palestra: dice che privarsi del cibo, del piacere in genere, delle relazioni con gli altri, é l’unico modo per sentirsi capace di controllo, per esercitare potere su se stessa e sulla sua vita.

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Mario ha 53 anni, è sposato da 12 anni con Carla e ha due figlie. Da un po’ non si sente più in forma e lo dimostrano quei 20 kili di troppo che da anni non riesce a smaltire. Non sa bene come ha raggiunto questo peso. Tutti quei segnali che il corpo gli trasmetteva, l’affaticamento, la pesantezza, la difficoltà a digerire, all’inizio erano soltanto dei fastidi. Poi anche quelli hanno iniziato a diventare parte di sé. Nessun tentativo di svestirsi di quell’ingombrante rivestimento è stato efficace, nonostante gli sforzi. Si chiede se in lui ci sia qualcosa che non va, si chiede perché, nonostante le diete, prima seguite da un giornale, poi concordate con un dietologo, non sia riuscito ad arrivare fino in fondo al suo percorso, perché abbia mollato prima, perché quando sembrava che ci fosse riuscito ha ripreso tutti i chili persi. Da qualche tempo Mario ha deciso di partecipare a degli incontri motivazionali di sostegno alla dieta.

In entrambi i casi chi chiede aiuto ha un vissuto problematico con il cibo. Tuttavia queste due domande d’aiuto sono molto diverse tra loro. Per ciascuno di essi l’intervento è pensato in maniera molto specifica. Non sempre è chiaro cosa voglia dire avere un vissuto problematico in relazione all’alimentazione.

Psicologia e alimentazione sono due ambiti strettamente connessi: quando si pensa alla psicologia applicata alla salute alimentare, però, solitamente il primo pensiero corre al contesto clinico e ai disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa, bulimia, ecc.).

Pochi sanno, invece, che lo psicologo può essere utile anche in quei casi in cui la scorretta alimentazione non coincide necessariamente con dei quadri clinici: molte persone, infatti, pur non soffrendo di disturbi del comportamento alimentare, non riescono a stare nel proprio peso-forma e, per questo, potrebbero giovare di un sostegno motivazionale alla dieta, alla corretta alimentazione, all’esercizio fisico.

A questo proposito è utile distinguere tra i disturbi del comportamento alimentare e la difficoltà a seguire una dieta per raggiungere il proprio peso forma e al mantenerne gli effetti nel corso del tempo.

 

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Disturbi alimentari: quando il cibo diventa una gabbia

 

Nel primo caso il rapporto col cibo ha uno spazio di azione nella vita della persona molto più vasto e profondo. Chi soffre di un disturbo dell’alimentazione utilizza il rapporto col cibo per definire se stesso e la propria identità a livello pervasivo. Nei casi di anoressia si hanno delle evidenti alterazioni del comportamento alimentare che possono portare ad uno squilibrio ormonale (amenorrea, per esempio), a un dimagrimento repentino e eccessivo al di sotto del proprio peso corporeo normale minimo; si ha una profonda distorsione della forma del proprio corpo ed un’intensa paura di ingrassare.

Nei casi di bulimia vi sono ricorrenti episodi di abbuffate seguite da modalità inappropriate di smaltimento del cibo ingerito in eccesso (tramite il vomito autoindotto, lassativi, eccessivo esercizio fisico, digiuni o diete troppo rigide).

Esiste anche il disturbo da alimentazione incontrollata, le cui caratteristiche cliniche sono gli episodi ricorrenti di abbuffate e la sensazione di perdita di controllo durante tali episodi. A differenza della bulimia però non vengono utilizzati mezzi di compenso quali i purganti, il digiuno o l’eccessivo esercizio fisico.

Ciò che accomuna tutti questi casi è che il pensiero della persona che soffre di disturbi del comportamento alimentare è costantemente orientato al cibo. Si può dire che il cibo e il corpo costituiscano la maggior parte degli argomenti e dei pensieri che preoccupano la persona.

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Le domande che seguono potrebbero aiutare a comprendere il problema:

  • Avete una continua ossessione sul cibo, la dieta, il peso o l’aspetto fisico, relegando in secondo piano aspetti più importanti della vostra vita?
  • Avete già un peso che corrisponde al limite inferiore di quello che viene considerato il vostro peso ideale? (Se non sapete qual è il vostro peso ideale, chiedetelo al vostro medico.)
  • Avete una storia di gravi restrizioni alimentari?
  • Vi abbuffate in modo frequente?
  • Vomitate deliberatamente dopo aver mangiato, o fate abuso di lassativi?
  • Fate eccessivo esercizio fisico per cercare di mantenere basso il vostro peso?

 Se avete risposto positivamente ad una qualsiasi di queste domande la consulenza di uno psicoterapeuta potrebbe aiutarvi a comprendere https://www.acheterviagrafr24.com/vente-viagra/ meglio la natura del problema, per risolvere quei nodi profondi della personalità che trovano espressione in un rapporto conflittuale con il cibo.

 

 La dieta che funziona: un percorso tra cibo ed emozioni

Ma le problematiche con l’alimentazione possono riguardare anche una più generale difficoltà a regolare le proprie emozioni che, in alcuni casi, possono essere gestite attraverso il cibo: noia, ansia, tensione e stress, tristezza e solitudine, rabbia e vergogna sono tutte emozioni e stati d’animo che talvolta vengono affrontati in modo inappropriato mangiando, nel tentativo di alleviarli, conducendo così ad un aumento di peso.

In questi casi, è frequente che il sovrappeso spinga le persone ad intervenire esclusivamente sul versante nutrizionale e a sottoporsi a diete e programmi di dimagrimento. Se tuttavia non viene affrontato e modificato anche il rapporto tra emotività e cibo, è possibile che tali strategie risultino fallimentari, peggiorando ulteriormente la situazione.

Capita spesso che le persone sperimentino molte difficoltà a seguire una corretta e salutare alimentazione, ad affrontare le prescrizioni di una dieta con costanza e continuità per raggiungere il proprio peso forma, a mantenerne gli effetti nel corso del tempo.

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Chi affronta una dieta può incontrare molti ostacoli lungo il percorso.

Consumare il cibo previsto per quello specifico pasto, e non sentirsi soddisfatti; sentirsi angosciatie pensare che mangiare possa far stare meglio; essere troppo tentati dalla vista del cibo durante la spesa al supermercato; essere troppo stanchi per cucinare e optare per ilfast food; non rifiutare un dolce preparato da un amico per non risultare scortesi; non riuscire a dire di no al cibo servito a una festa, nonostante la dieta; questi rappresentano solo alcuni esempi delle difficoltà che le persone, pur non rientrando nei quadri clinici dei cosiddetti disturbi del comportamento alimentare, potrebbero sperimentare nel seguire una dieta e che potrebbero trarre giovamento in modo significativo da un sostegno psicologico.

Tali difficoltà sono inoltre spesso legate a delle emozioni negative sperimentate durante il percorso di dimagrimento: è infatti molto frequente scoraggiarsi quando non si  riesce a perdere peso in modo costante o sentirsi deprivati e sopraffatti dalle prescrizioni della dieta o, ancora, sentirsi sconfortati e demoralizzati qualora non si riesca a raggiungere l’obiettivo prefissato.

Il rischio è che, in tutti questi casi, la dieta possa diventare, piuttosto che una risorsa, un fattore aggiuntivo di stress, che va ad aggiungersi e, talvolta, ad amplificare gli altri problemi della vita quotidiana.

Ecco quindi che risulta fondamentale occuparsi anche della dimensione emotiva presente nella relazione col cibo: la psicologia può essere d’aiuto offrendo un sostegno motivazionale alla dieta e insegnando un nuovo modo di pensare e nuove abilità comportamentali da poter utilizzare per il resto della propria vita, per raggiungere e mantenere nel corso del tempo il proprio peso forma; l’intervento psicologico può essere importante per affrontare tutte quelle emozioni negative legate al sovrappeso e/o al processo di dimagrimento, per attivare quelle risorse interne che consentono di gestire tali emozioni, senza dover più ricorrere al cibo come unica valvola di sfogo.

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Centro Tandem

Promozione del Benessere Psicologico e Psicomotorio

A cura della Dott.ssa Giulia D’india e della Dott.ssa Valentina Calà