Corra dottore, mio fratello sta male! Metto il cartello di visita urgente ed esco con la borsa. Alla porta c’è la madre con una mano sul viso, i due fratelli sono nel corridoio. Luigi è sdraiato sul letto. C’è odore di pannolone non cambiato da troppo tempo. E’ magro come un chiodo, pallido, pieno di escoriazioni, il viso scavato, gli occhi lucidi di uno sguardo un po’ perso, ma decisi a qualcosa che non è in quella stanza e in quel momento. Luigi non è mio paziente, non l’ho mai visto prima. Provo a parlarci, sembra capire. Metto i guanti in lattice, la mascherina no, che sembra brutto, anche se dovrei; misuro la pressione, la saturazione in ossigeno, la glicemia. Sorrido a ciò che resta di un uomo, che intanto guarda altrove. Vado a discutere con i parenti in cucina, anche per uscire da quell’aria mefitica. Luigi ha cinquant’anni e un passato di alcolismo all’ultimo stadio. Vede i ragni sui muri, scambia la madre per un serpente, immagina che tutti lo vogliano derubare. Ancora beve, di nascosto. La madre di Luigi ha il volto contrito, segnato dalla fatica e dai dispiaceri, e da un’ecchimosi allo zigomo sinistro. Lo ha voluto in casa con sé, mi dice, da quando quella farabutta della moglie lo ha lasciato, anni fa. Uno dei fratelli si massaggia la spalla. Chiedo se Luigi diventa violento. La madre mi dice di no, i fratelli fanno sì con la testa. Torno nella stanza di Luigi accompagnato dal fratello e preparo una fiala di Valium da fare intramuscolo, per sicurezza. Devo decidere se chiamare i carabinieri, se prenderlo in carico io con un programma di assistenza domiciliare integrata o se spedirlo al pronto soccorso con richiesta di supervisione psichiatrica. Cerco di pensare, mentre con mezzo orecchio ascolto i lamenti e i commenti degli altri, come fossero un brusio di sottofondo. Decido di chiamare il centro di salute mentale e chiedere consiglio a uno psichiatra di guardia. Mi dice che posso mandarlo da loro, o chiedere consulto a domicilio, o inviarlo a un tale ospedale, ma non hanno reparto psichiatrico, oppure a un altro ospedale, ma dopo le sedici, che altrimenti si arrabbiano che non ho mandato il paziente al centro di salute mentale. Ringrazio. Penso ancora… Intanto il Valium non deve aver fatto molto effetto, sento uno dei fratelli gridare dalla stanza. Sono in piena colluttazione. Decido di chiamare i carabinieri e il centodiciotto. Vorrei evitare un trattamento sanitario obbligatorio, che il sindaco non si sa mai quando arriva e poi sarebbe forse troppo oneroso per il paziente, che in fondo non conosco. I carabinieri sono bravissimi. Parlano piano, lo fanno ragionare. Hanno indossato i guanti di pelle e sono in tre, ma sanno fare bene il loro mestiere, hanno capito la situazione. La loro presenza funziona da dissuasore. Luigi si calma. Arrivano gli infermieri del centodiciotto. Applico un’altra fiala di Valium intramuscolo e ci mettiamo d’accordo che l’ambulanza porterà Luigi al pronto soccorso psichiatrico, con uno dei fratelli a bordo e sarà scortata fino all’ospedale dall’auto dei carabinieri. Mentre Luigi scende le scale a fatica, la madre si avvicina a me e chiede quasi sussurrando cosa penso di quell’eritema che il suo piccolo Luigi ha sul petto… Per un istante credo di non aver capito bene la domanda. Poi vedo negli occhi di quella donna la madre per sempre che coccola il suo bambino per sempre. Mi ricordo il mio supervisore medico a Villa Maraini, mi diceva che negli abusi e nelle dipendenze c’è sempre un problema di https://www.acheterviagrafr24.com/acheter-viagra-en-ligne/ doppia diagnosi; mi ricordo di altre mamme per sempre, fanno tutte la stessa domanda: che cosa ho sbagliato con lui? Io negli anni un’idea me la sarei anche fatta, ma sono niente e nessuno per dare risposte di questo tipo e rispondo sempre che non lo so. Io devo solo ascoltare bene, capire la situazione in fretta, sedare e spedire ai servizi competenti.