Silvana è immobile da anni. Respira, defeca, rantola e qualche volta muove gli occhi. La figlia dice di averla sentita parlare l’ultima volta nel 2001. Ha 79 anni e il Parkinson all’ultimo stadio. Tiene le mani arrotolate sul ventre e le gambe distese rigidamente in una posa sghemba. Carlo, il marito faceva il camionista, adesso guarda la televisione con le cuffie e maltratta tutti. Le figlie mi dicono di essere al limite della sopportazione. Hanno una badante romena di nome Catina; vive da loro con il marito Adrian, un uomo sulla cinquantina, in attesa di trapianto di fegato. Ma Carlo ultimamente è ingestibile: burbero, collerico, ansioso. Tartassa chiunque e chiede in continuazione attenzioni mediche e affettive. Le figlie https://www.acheterviagrafr24.com/viagra-online/ sono succubi e si adeguano alla tirannia con una presenza quotidiana in casa e due telefonate al giorno a me, facendo richieste talvolta ridicole, a nome del padre. Carlo mi ricorda molti dei miei pazienti. Vengono in ambulatorio con quella rabbia di chi si è sentito sorpreso alle spalle. La malattia entra nelle certezze di carta delle loro esistenze e sconquassa tutto, come un sasso rotolato in uno stagno immobile e quieto. Non ci possono credere che la vita è stata tutta lì e diventano furibondi. La rabbia che riversano su di me sembra una rabbia antica e feroce, come se avessero fatto tutto per bene seguendo quello che gli era stato detto, rispettando ogni punto del libretto delle istruzioni dell’adattamento sociale: lavoro, casa, matrimonio, figli, tasse, scadenze e chiesa, ma non avesse funzionato lo stesso. Si sentono ingannati. Nei loro occhi si legge quanto avessero preferito mille volte una guerra a quella loro esistenza senza significato, scelta per consuetudine, per inedia, per codardia. Escono da quel cunicolo di cene, battesimi, riunioni di lavoro e fatica con la docile arrendevolezza di chi è convinto che un giorno tutto questo avrà un senso. Magari una volta raggiunta la pensione… Non hanno mai provato a immaginare che quel casello autostradale dal quale uscivano al mattino per rientrarvi alla sera avrebbe potuto essere un varco di sola andata per qualunque posto al mondo, fuori di quel nascondiglio di false certezze. Le figlie un giorno mi hanno convocato. Volevano farla finita con quella vita di schiavitù e amarezza che le devastava. Sembravano sincere. Mi chiesero come avrebbero potuto permettere a Silvana di lasciare questo mondo in modo indolore e quanto tempo ci sarebbe voluto. Ci pensai un poco prima di rispondere che togliendo il sondino naso-gastrico che la alimentava e somministrando dosi adeguate di morfina in cerotti, in quattro o forse cinque giorni avrebbero probabilmente risolto quella sofferenza in modo indolore. Per Carlo non era ancora tempo: era in forze, si alimentava da solo e aveva una vita personale e di relazione autentica, sebbene disastrosa. Aggiunsi che avrei negato in qualunque sede di aver dato quei consigli e non avrei messo nulla per iscritto, che in Italia una tale decisione costituisce reato. Le due figlie si guardarono di sottecchi, dissero che non avevo motivo di preoccuparmi. Consigliai del Talofen in gocce per Carlo, per sedarlo e farlo dormire un po’ di più. Tornai in ambulatorio per le visite del pomeriggio e a sera preparai le prescrizioni di morfina per Silvana, che avrei portato il giorno dopo. Al mattino mi chiamò una delle figlie di Silvana e Carlo, aveva la voce mesta, disse che Silvana nella notte era deceduta. Presi la borsa e andai a fare la constatazione di decesso. L’atmosfera era strana. La povera Silvana giaceva supina, immobile e terrea, nel suo lato del letto matrimoniale, mentre Carlo dormiva profondamente, – ignaro – dall’altro lato dello stesso letto. C’era già il rappresentante delle pompe funebri, mi porse il modello ISTAT da compilare. Sentivo che nell’atmosfera si nascondeva qualcosa, anche se non avrei saputo spiegarne il perché. Una frase sibillina di una delle figlie mi lasciò per un secondo in balia di un dubbio interiore: disse in uno sguardo torvo che le pasticche prescritte a Silvana dal neurologo erano da verificare nelle sedi appropriate. Lasciai scorrere quella frase dentro di me e feci il mio dovere. Nulla da dichiarare al medico necroscopo. Porsi le mie condoglianze e tornai in ambulatorio. Sulla scrivania c’erano le prescrizioni per la morfina di Silvana; le strappai. Qualche giorno dopo, Adrian entrò fra un paziente e l’altro; restava in piedi, camminava di qua e di là, tergiversava, non si capiva bene cosa volesse; alla fine sbottò: mi raccontò che non poteva tenere le cose dentro, che le figlie di Silvana avevano tolto l’alimentazione alla madre per ottenere le sue case di proprietà e avevano denunciato il neurologo per avvelenamento, al fine di ottenere una causa civile di risarcimento danni. Pare che versino in gravi problemi finanziari. Mi porse il suo telefono e mi fece https://www.viagrasansordonnancefr.com/viagra-en-ligne/ ascoltare: gli avevano chiesto di registrare la nostra conversazione riguardo la morfina… Per un lungo momento rimasi adagiato sulla sedia, a corpo perduto, guardando qualcosa di indefinito nel quadro che campeggiava dietro Adrian. Ripensai al candore delle loro espressioni quando si dicevano preoccupate per lo stato vegetativo della madre e le loro idee improvvisamente progressiste sul fine vita; ripensai alla morfina che stavo per prescrivere con ricetta ufficialmente spedita al Ministero per via telematica, e che probabilmente avrei dovuto un giorno giustificare in tribunale. In modo quasi sconclusionato mi ricordai di quanto i miei figli adorino giocare con me, a Minecraft… Adrian diceva qualcosa in sottofondo, ma non ascoltavo più. Mi tornò in mente di quella volta che due fratelli tentarono in tutti i modi di farmi credere che la madre era impazzita cercando poi di estorcermi – senza successo – un certificato di incapacità di intendere e di volere per farla internare; venni a sapere dopo che avevano problemi finanziari e mancavano pochi giorni al rogito per la vendita della casa della madre. Come diceva quello scrittore da salotto, qualche tempo fa? L’inferno sono gli altri, mi pare… Silvana è deceduta qualche ora prima che io fossi incastrato. Qualcuno lassù mi ama…