Lidia venne da me una mattina ventosa di fine Aprile. Il cielo cangiante, grigio, poi soleggiato a tratti, poi piovoso… Trent’anni, un bel sorriso, i capelli di un biondo quasi giallo, ossigenati molto tempo prima, tanto che la ricrescita era evidente. Indossava fuseaux neri e una blusa nera di cotone, lunga che arrivava quasi fino alle ginocchia. Solo le scarpe erano assai colorate, da ginnastica, verdi chiare. Si presentò dicendo che aveva la tiroidite di Hashimoto da anni, una bambina di sei mesi, un lavoro come architetto che le dava qualche preoccupazione: qualche volta andava meglio e le dava soddisfazione, altre volte le dava noia. La parola che ripeteva di più era “stress”. Non mi disse mai che era sposata né mi parlò del marito. Le chiesi della figlia. Mi parlò di una gravidanza difficile, la parola che ripeteva di più era “difficile”; capivo dai racconti che dopo il parto era stata depressa per due mesi circa, tempo durante il quale non riusciva nemmeno ad allattare la figlia. Mi chiese una batteria completa di analisi per controllare la Tiroide; mentre parlava aveva il tono di voce di chi ripete il compitino ripassato a casa. Aveva la tiroidite di Hashimoto, ci ha messo una pietra sopra. Punto. Le chiesi se avesse altri sintomi, mentre compilavo la lista delle analisi. Mi parlò di un mal di testa ricorrente. Le chiesi di raccontarmi meglio, il momento in cui era iniziata l’emicrania, i motivi. Mi parlò di un incidente in barca nel quale aveva preso una botta in testa con il boma ed era svenuta. Da allora era iniziata la paura di avere qualcosa al cervello.

Non ci vuole molto al medico di base per capire alcune caratteristiche, certi tratti caratteriali di orientamento. Basta guardare come il paziente entra, come è vestito, come parla, quello che dice, come lo dice, se è aggressivo, remissivo, rinunciatario, maldisposto… Se ha un grado di sensibilità e “cultura” personale (che nulla ha a che vedere con il titolo di studio) tali da poter tentare di scavare, di parlare dei fondamenti della psicosomatica, delle sue basi: il modo cioè che si ha di sentire le cose, di vivere la vita e i mutamenti che con essa inevitabilmente arrivano, di assorbire gli episodi quotidiani e di quanto tutto ciò possa influire sulla salute, corrispondere a un sintomo o a un vero e proprio malessere fisico, a seconda del grado di rimozione delle cose. Più un avvenimento o un vissuto è rimosso e più è difficile e periglioso ripescare gli elementi psichici attivi che lavorano nel profondo fino ad alterare l’equilibrio fisiologico dell’organismo manifestandosi con sintomi talora chiaramente simbolici.

Lidia era per me una persona fondamentalmente triste, quasi senza speranza nei confronti della vita.

Provai a seminare un grano nella sua coscienza. Le chiesi se ricordasse quando fosse iniziata la sua tiroidite, se ricorda qualche avvenimento importante avvenuto prima dell’insorgenza dei sintomi. Le spiego che molti lavori scientifici associano oggi un elevato grado di stress del vissuto ad aumentati livelli ematici dell’ormone secreto dalle ghiandole surrenali, il Cortisolo, responsabile della atavica risposta umana all’attacco e alla difesa, dell’aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, dell’attivazione di alcune citochine. L’effetto più importante del Cortisolo secreto cronicamente è l’alterazione delle risposte immunitarie anticorpali e cellulo-mediate. Nella Tiroide affetta da tiroidite di Hashimoto sono presenti infiltrati di linfociti T e B. Spiego a Lidia che c’è un tratto di unione fra evento traumatico e stressante e l’inizio dell’insorgenza delle malattie autoimmuni. Le chiedo di fare lo sforzo di mettere assieme alcuni elementi presenti nella sua memoria. Le domando se sarebbe disposta a scrivere un piccolo memoir, una volta tornata a casa, nel quale mettere i fatti che lei reputa salienti. Introduco il concetto di psicoanalisi. Le indico l’indirizzo di un centro dove https://www.viagrasansordonnancefr.com/viagra-en-ligne/ operano dei psicologi in gamba, che stimo e che potrebbero aiutarla a rivivere e rielaborare i propri vissuti per meglio affrontare il futuro, per gestire lo stress, per avere una speranza di uscire dall’ergastolo farmacologico e guarire dalla tiroidite di Hashimoto con la psicoterapia.

Le porgo le impegnative per una risonanza magnetica al cervello, un’ecografia alla tiroide, le analisi del sangue specifiche e un’ultima impegnativa per la visita specialistica dall’endocrinologo.

Poi prendo una carta intestata e le segno il nome, l’indirizzo e il numero di telefono del centro dove può trovare il mio collega psicologo, con il quale pensare di iniziare un percorso proficuo, attivo, non basato sulla rimozione e la delega al farmaco ma sulla analisi dei propri vissuti.

Lidia potrebbe finalmente affrontare il proprio rimosso, penso, ciò che non può per il momento considerare la fonte del proprio malessere: ciò che non può ammettere essere la causa della sua malattia. Lo deve fare con figure professionali formate per questo, deve essere accompagnata da psicologi preparati e sensibili. Le porgo il foglio, ora sta a lei decidere. Il grano è seminato.

Oggi sono contento. Sento di aver lavorato bene.

Bibliografia

1) Tiroidite di Hashimoto:

http://lnx.endocrinologiaoggi.it/2011/06/tiroidite-autoimmune-di-hashimoto/

2) Bibliografia su Pubmed: Stress-Cortisolo-Immunità

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=cortisol+stress+immunity

3) Scardino Mario & Scardino Antonio: “Hypnosis and Cortisol: the odd couple” (Ipnosi e cortisolo: la strana coppia)

http://medcraveonline.com/MOJI/MOJI-01-00012.php